Sarebbe bello che in questo blog potessi smettere di occuparmi di femminicidio e maschilismo, per tornare a parlare di fuffari qualsiasi.
Ma pare che Elena, la sorella di Giulia Cecchettin, sia riuscita a toccare delle corde veramente sensibili con le sue parole.
Se no non si spiega perché così tanti, in questi giorni, si stiano producendo in video, articoli, post: nei quali in buona sostanza affermano che Elena abbia detto una marea di cazzate.
Che poi che ha detto?
Un appello agli uomini: “Anche chi non ha mai torto un capello, io sono sicura che c’è stata almeno una volta nella vita in cui ha mancato di rispetto ad una donna solo in quanto donna. Iniziate a richiamare anche gli altri vostri amici. Noi donne possiamo anche imparare a difenderci: ma finché gli uomini non fanno presa di coscienza, non si rendono conto del privilegio che hanno in questa società, non andremo da nessuna parte”.
Ecco… riascoltando questo appello semplicissimo e disperato, pure io penso che una cazzata Elena l’abbia detta: del resto, povera crista, aveva appena perso la sorella, non è ci si potesse aspettare chissà che lucidità e spirito battagliero.
La cazzata è “finché gli uomini non fanno presa di coscienza, non si rendono conto del privilegio che hanno“.
No no. Gli uomini la presa di coscienza l’hanno fatta. Da mò.
E del privilegio che hanno in questa società se ne rendono conto benissimo: è per questo che alcuni NEGANO esista davvero un problema femminicidio.
Perché l’unica soluzione per risolvere questo problema è stravolgere la cultura da cui nasce, e da cui nasce anche quel privilegio. Cioè rinunciare a quel privilegio.
Se no non si spiega come mai anche uomini colti, preparati, normalmente capaci di distinguere il vero dal falso con obiettività e professionalità, se ne escano con argomentazioni senza capo né coda, quando invece si parla di maschilismo e femminicidio.
L’avv. Francesco Catania.
L’avv. Francesco Catania è un personaggio piuttosto noto nel mondo dei debunker: soprattutto nel suo canale YouTube da circa 20mila iscritti sbugiarda e districa, con competenza e simpatia, un sacco di bufale e vicende complesse, da quelle sui vaccini fino alla storia di Bugalalla ed Emme Team.
Con simpatia lo aggiungo io: molti lo trovano noioso, ma per me il suo modo apparentemente incolore di esporre i fatti è efficace ironia.
La faccio, questa sincera premessa, ancora mi spunta qualche genio il quale riparte con la solfa del “aaah, ma tu ce l’hai con Catania perché sei una povera donnicciola con una paginetta Facebook ed un sitarello e sei invidiosa del suo successo. È un attacco personale!”. O Catania stesso la piglia anche lui sul personale e mi sbrocca come il giornalista Germano Milite dandomi prima della “rincoglionita diffamatrice” e poi della “esimia stronza inetta ed incapace”: Catania non mi sembra il tipo, in verità. Ma pure Milite non mi pareva il tipo, prima.
Mentre a me sono gli argomenti di Catania, che interessano e contesto: i quali sono gli stessi argomenti portati avanti da molti altri politici, giornalisti, scrittori, divulgatori, filosofi del web.
Che potremmo definire per semplicità “i negazionisti del femminicidio“. Argomenti ovviamente poi ripresi dai comuni cittadini che li ascoltano: con grave danno per l’evoluzione sociale e culturale di questo paese.
Dunque, Catania si è espresso sulla questione, partendo proprio dalle esternazioni di Elena Cecchettin, con un video di una decina di giorni fa: la cui didascalia recita “Nel video di oggi parleremo di un fenomeno che pur non essendo diffuso in Italia…”.
Dura un quarto d’ora, ma scorrendo l’articolo ne troverete degli spezzoni.
1. Il femminicidio e l’Accademia della Crusca.
“Si sono inventati questa nuova categoria di delitti“.
In realtà no, nessuno si è inventato una nuova categoria di delitti: è una categoria di delitti la quale è sempre esistita.
L’italiano, a differenza del latino dei testi giuridici, è una lingua viva, non morta, perciò accade quotidianamente che nascano nuove parole: e queste nuove parole non necessariamente servono ad indicare qualcosa che non è mai esistito prima.
Faccio due esempi pratici tratti dall’elenco delle nuove parole dell’Accademia della Crusca:
- Algocrazia: “Forma di società basata sul dominio degli algoritmi”.
Questa è ovviamente una parola la quale designa un fenomeno nuovo, mai esistito, frutto dell’evoluzione recente della tecnologia.
- Badante: “persona che si prende cura, soprattutto presso privati, di anziani o disabili”.
E questa invece, anche se si tratta di una parola nuova (nata fra il volgo e poi entrata recentemente anche in ambito burocratico), non designa affatto una figura mai esistita: semmai è un addolcimento del termine “serva”, ma è innegabile non sia nata ieri.
Per l’avv. Catania però il termine “femminicidio” indica semplicemente “l’uccisione di una donna”, per distinguerla da “l’uccisione di un uomo”: lo scopo dell’usare il termine “femminicidio” anzi, per lui, è implicare con ciò (questo è veramente un capolavoro di mistificazione) che la vita di una donna valga di più di quella di un uomo.
In spregio pure alla Costituzione, dice il giurista Catania.
Sfugge evidentemente all’avvocato che “femminicidio” non indica semplicemente “uccisione di una donna”.
In breve, brevissimo, senza scomodare termini altisonanti come “patriarcato” e “maschilismo” (non ancora) significa invece (semplifico) “uccisione di una donna da parte di un uomo con il quale si rifiuta di avere una relazione o di continuarla” (non solo questo, ma semplifico, ripeto).
Ed è un fenomeno che è sempre esistito, appunto. Come la figura delle badanti.
Nella nazione in cui lo stupro (lei m’insegna, avvocato) è diventato reato “contro la persona” (eh sì, una donna è una persona) e non “contro la morale” solo nel 1996, il fatto che sia stata coniata una parola per indicare specificatamente l’uccisione di una donna solo perché non te la vuole dare, mi sembra già un gran passo avanti.
Qualcosa da non mistificare cercando di farlo passare addirittura come un tentativo anticostituzionale di ritenere la vita di una donna più importante di quella di un uomo.
2. I dati.
Questo fatto che il termine “femminicidio” indichi (lo ripeto eh) “uccisione di una donna da parte di un uomo con cui si rifiuta di avere una relazione o di continuarla” e non semplicemente “uccisione di una donna”, è il fulcro di TUTTA l’argomentazione di Catania (ma non solo sua).
Il quale, per portare avanti il suo discorso (basato sul presupposto errato) con dati a supporto, non si rende conto che fa una figura ben poco onorevole: proprio in virtù di quegli stessi dati che lui stesso presenta.
È già il titolo bello grosso del report ISTAT a smentire le parole di Catania: gli omicidi, totali, maschi e femmine, avvengono quasi per la metà in famiglia. Di questi (DI QUESTI: di quelli avvenuti in famiglia) le vittime sono soprattutto donne.
E sempre lo screen che lui stesso mostra prosegue al fondo dicendo “le vittime uccise in una relazione di coppia o in famiglia sono 139: 39 uomini e 100 donne.”
Peraltro io i dati ISTAT li conosco bene: me li ero cercati già prima di vedere questo video, perché mi ero un po’ stufata di leggere “ah, ma quelli sono i dati della Valigia Blu/Repubblica/tuo cuggino komunista, non fanno testo”.
Direi che su ciò che dice l’ISTAT, invece, nessuno possa avanzare dubbi.
Dunque, il report ISTAT si trova a questo link.
C’è un primo grafico, il quale raccoglie i dati dal 1992 al 2020: in rosso è indicato il numero di vittime di omicidio volontario totale, in blu i maschi, ed in grigio le femmine (che io ho sottolineato con un vezzoso rosa)
E già si nota come sia assolutamente vero che il numero di omicidi totali in Italia sia in calo (argomento portato avanti da Milite per concludere superficialmente che siano in calo anche quelli delle donne), e come sia in calo anche quello degli uomini, pur restando nettamente più alto di quello delle donne (argomento portato avanti invece da Catania per concludere addirittura che ci sia semmai un'”emergenza maschicidio“): ma quello delle donne resta pressoché costante.
Perché accade questo?
3. I motivi per cui muoiono gli uomini e le donne.
Ebbene, ce lo spiegano le dettagliate tabelle da scaricare a quel link: le quali confermano sia il titolo mostrato incautamente da Catania nel suo video (contava forse sugli analfabeti funzionali che non notano mai nulla?), sia che appunto per “femminicidio” s’intende l’uccisione di una donna da parte di un uomo con cui non vuole avere a che fare.
Questi sono i dati relativi alle vittime uomo dal 2002 al 2022: e per mano di chi sono stati uccisi.
Questi invece, sempre relativi agli stessi anni, per quanto riguarda le vittime donna.
Come può notare persino un bambino, è vero sì che di uomini ne muoiono molti di più: ma per la quasi totalità per mano di “autori sconosciuti alla vittima” o addirittura “non identificati“.
E questo per un motivo molto semplice, che ci spiega il Ministero dell’Interno insieme alla Criminalpol:
Gli uomini, insomma, delinquono di più: mafia, camorra, spaccio. E quindi ecco che muoiono, e molto di più, in sparatorie, rapine, agguati e regolamenti di conti. Cioè persone “sconosciute” alla vittima.
Le donne invece (rimetto la tabella ISTAT? Ma sì, la rimetto)
muoiono per mano di “partner (marito, convivente, fidanzato)” o “ex partner (ex marito, ex convivente, ex fidanzato)“.
Anzi dalla tabella, a leggerla bene (con obiettività, intendo: non facendo finta di non capire e volendo negare un problema), emerge un’altra informazione importantissima: è vero che il numero totale di vittime donna presenta una lieve (lieve, non netta) diminuzione (l’ultima riga, avvocà). Ma quello delle donne uccise da “partner” o “ex partner” (quelle che ho sottolineato in rosa) resta costante ed anzi, in taluni anni ha pure dei notevoli picchi.
Il numero totale, invece, diminuisce per un solo motivo: perché diminuiscono nettamente gli omicidi compiuti da “autore sconosciuto alla vittima“.
E sa perché diminuiscono quelli? Perché le donne hanno imparato a guardarsi attorno: non dico a girare armate, ma quasi. A non uscire la sera (ma neanche di giorno c’è tanto da star tranquille). Giacché in quegli “autori sconosciuti alla vittima” rientrano più quelli che ci violentano in un parchetto e poi ci ammazzano, che i sicari i quali ci attendono sotto casa per questioni di criminalità organizzata.
Certo che però, se uno parte dal presupposto che “femminicidio” voglia solo dire “uccisione di una donna”, e non “uccisione di una donna perché non ci sta” (o vuole sposare chi le pare, come Saman Abbas), tutti sti dati non li sa interpretare: e grida al problema inesistente, la scarsa conoscenza della Costituzione ed addirittura l’emergenza maschicidio.
Il privilegio che non si vuole abbandonare.
Quindi… stabilito, dati alla mano, che le donne che muoiono per mano di “partner” ed “ex partner“, continuano a morire senza alcun calo, perché l’unico calo è quello degli autori sconosciuti alla vittima, come lo vogliamo chiamare questo?
“Delitto passionale”?
“Momento di smarrimento di un uomo fragile”?
“Attimo di follia”?
Sono tutte definizioni che vanno benissimo: vanno benissimo se uno non vuole neanche prendere in considerazione l’ipotesi che invece questi delitti affondino le radici (ecco, ora ci arrivo al maschilismo ed il patriarcato) in una cultura che ancora vede la donna sottomessa. Un oggetto di proprietà la quale deve eseguire la volontà di un uomo.
Se no la si ammazza.
Ed io non vedo altra spiegazione, a questa mistificazione, anzi vera e propria negazione dei dati che ho esposto finora, se non con una strenua volontà di difenderla, quella cultura: quella cultura che vede ancora l’uomo privilegiato. Sono tornata insomma all’inizio, alle parole di Elena ed alla cazzata che ha detto: “gli uomini devono prendere coscienza del privilegio che hanno”.
No no, ripeto: ne hanno coscienza chiarissima.
Ecco perché si chiede a gran voce anche la collaborazione delle istituzioni, per attuare un vero cambiamento nella società: partendo dai giovani.
Come gli interventi educativi nelle scuole proposti da molti.
Ad esempio dalle opposizioni del Comune di Abbiategrasso, di cui l’avv. Catania è consigliere comunale nelle file di Forza Italia: le quali hanno presentato una mozione che il consigliere comunale ha illustrato in questo video nel quale afferma che non voterà a favore del finanziamento di corsi di questo genere neanche se si dovesse ritrovare costretto a scegliere fra finanziare questi ed Hamas.
Eppure, se il consigliere Catania (ma non solo lui, moltissimi altri che siedono su certe poltrone) si facessero anche solo un breve giro su TikTok, potrebbero incappare in vari esempi di “cultura patriarcale” ancora diffusa fra i giovani: dai testi dei rapper
“Bitch, ogni giorno / non mi lasciano libero. / Le ordino da casa / come su Deliveroo. / Schiocco le dita, / arrivan in un secondo. / […] / Anche tua mamma è una mia ex. / Le piace bere a canna, / non vuole il bicchiere”; “Mangio queste tipe come M&M’s. / Museruola e collare. / Lei la tratto come un cane, / vuole che le faccio male”
fino a questo video, girato proprio in questi giorni, il quale ha raccolto non a caso moltissime visualizzazioni.
Loro si chiamano “Theturistzz“, e sono due giovanissimi i quali vanno in giro ad intervistare la gente: hanno fermato dei coetanei in un centro commerciale ed hanno posto loro una semplice domanda.
E le risposte sono state queste.
A fronte di “solo” 80 donne uccise in Italia (come dice l’avv. Catania in quel video) nel 2022 il Telefono Rosa ha raccolto un numero ben più alto di richieste:
Ma probabilmente si tratta solo di visionarie.
Così come erano dei visionari quelli dell’opposizione che hanno istituito un numero nazionale per chiedere aiuto.
Perché in Italia non esiste il patriarcato.
Comunque sembra che finalmente qualcosa si stia smuovendo: https://m.youtube.com/watch?v=LgnHAtVyn1I&si=0J65xngW7Eualn9F&fbclid=IwAR1774MtYqMzyDfbLg6e6VyDrvWVtd44t3OlogVou93LNRdwtDAavFFUS7M
Perché uno dei problemi maggiori riguarda spesso e volentieri la sottovalutazione del fenomeno da parte delle stesse forze dell’ordine che a volte non prendono in considerazione nemmeno le denunce presentate dalle donne minacciate dal proprio compagno, o che evidenziano i prodromi di un possibile atto ben più grave.
Ma volesse Iddio. Ci credo poco però, soliti coccodrilli del dopo.
Ho letto con sconcerto che alcune donne, che poi purtroppo sono state uccise dai loro compagni, avevano più volte provato a denunciare i loro assassini senza però mai essere state prese in considerazione. E questi ignobili ed assurdi comportamenti sembra capitino più spesso di quello che pensiamo.
Trovo aberrante tutto ciò, perché se manca innanzitutto la collaborazione proprio da parte di coloro che per primi dovrebbero tutelarci in questi casi così drammatici e dalle conseguenze a volte nefaste, significa che il problema deve essere affrontato non solo a livello di educazione “sentimentale” e di prevenzione, ma in particolare devono essere educati coloro che sono incaricati di intervenire quando tutti gli altri step falliscono per evitare così il compiersi di ulteriori tragedie.
Mi auguro che tutto il clamore che questa orribile situazione ha generato porti perlomeno a sensibilizzare se non altro maggiormente le forze dell’ordine, che sono alla fine l’ultimo e più importante baluardo al compiersi di altre simili atrocità.
Grazie della bella testimonianza e di avere portato dei numeri seri.