In questi giorni l’argomento principe su tutti i giornali, post e ricerche su Google è il famigerato pignoramento dei conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate, previsto nella bozza di manovra finanziaria.
La nostra Presidento del Consiglio ha smentito, con tanto di post su Facebook in cui invitava ad informarsi presso fonti attendibili: cioè lei stessa.
Non è esattamente così come la racconta la sig.ra Meloni: di fatto la norma c’era, nella bozza. Solo che era chiarissima, oltre ogni dubbio: ed allora è stata corretta in corsa, sulla scia delle polemiche che ha suscitato.
Corretta in burocratese, quella lingua poco comprensibile persino per gli italiani più acculturati: figuriamoci per l’elettore medio di Salvini e Meloni.
Ma, di fatto, nulla è cambiato.
Ciò che era previsto prima, e tanto sdegno ha suscitato, permane tutt’ora: l’articolo 23 di questa nuova bozza recita infatti che “al fine di assicurare la massima efficienza dell’attività di riscossione, semplificando e velocizzando la medesima attività, nonché impedendo il pericolo di condotte elusive da parte del debitore, l’agente della riscossione può avvalersi, prima di avviare l’azione di recupero coattivo, di modalità telematiche di cooperazione applicativa e degli strumenti informatici, per l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie al predetto fine, da chiunque detenute“.
Cosa vuol dire, in soldoni, questo?
Vuol dire che l’Agenzia delle Entrate può collaborare (“cooperazione applicativa”) per acquisire informazioni (tramite “modalità telematiche e strumenti informatici”) anche con le banche (“da chiunque detenute”). Cioè avrà l’accesso alle banche dati delle banche, scusate il gioco di parole: vale a dire sapere quanto tizio ha sul suo conto corrente.
E mentre sto scrivendo questo articolo non riesco a trattenere molte, molte risate…
Il gioco delle tre campanelle.
Il gioco delle tre campanelle è una specialità degli arraffoni nei mercati rionali italiani, nonché uno sport parecchio diffuso fra i politici: specialmente quando si ritrovano sulla scomoda poltrona di guida della Nazione, quella che li mette di fronte ai conti veri e li fa pentire delle promesse fatte in campagna elettorale.
Il tipo con la panza, omo di sostanza, gira ste tre campanelle con una pallina sotto. Tu sei convinto di sapere dove sia andata a finire ed invece lui, che con le mani è bravo ad illuderti di avere scovato il trucco, te la fa spuntare dove non te l’aspettavi: e ti frega 50 euro.
E tu devi stare zitto: sentendoti pure un po’ idiota.
Il primo giochino, di questa manovra, l’ho già spiegato: la norma prima era chiarissima, poi il popolo si è indignato ed allora sia Meloni che Salvini hanno detto “no no, non è affatto così, informatevi bene”.
E l’hanno riscritta: paro paro a com’era prima, solo meno comprensibile.
Il secondo giochino è che non si sono inventati nulla di nuovo.
Il pignoramento del conto corrente dei debitori nei confronti dell’Erario, infatti, è qualcosa che è già previsto dalla notte dei tempi della nostra legislazione.
Solo che, di fatto, sono estremamente rari i casi in cui si è verificato davvero.
E perché?
Perché è un casino riuscirci, si mettono in mezzo un sacco di ostacoli: i tempi che il debitore ha a disposizione per opporsi, la norma sul segreto bancario e, in più, il fatto che fino a qualche tempo fa non esisteva tutta questa tecnologia. E quindi diventava una trafila lunghissima capire quanti soldi tizio avesse avesse in banca.
Tecnologia la quale, oggi, viene invece in aiuto.
E quindi cosa si faceva, prima? Prima quando la norma, ripeto, esisteva già, era già possibile pignorare i conti correnti?
Si andavano a controllare, cioè si andava davvero fino in fondo, solo i conti dei grandi, grandissimi evasori. Quelli che finivano sui giornali, per intenderci.
Lavoratori dipendenti ed autonomi.
Eh già.
Perché prima del pignoramento sul conto corrente esiste un’altra misura: ed è il pignoramento dello stipendio.
Un lavoratore dipendente non ha alcun modo di sfuggire al Fisco. Le paga già alla fonte, le tasse.
I debiti che ha con il Fisco sono multe, tassa rifiuti, mensa scolastica, quelle cose lì: nulla più.
Ed il Fisco lo sa.
Ed il Fisco non sta a farsi lo sbattone, non ci ha mai manco provato, di andare a cercare dove ha il conto corrente e quanto c’è dentro, se si tratta di un lavoratore dipendente.
Tanto già lo sa, dove ce l’ha, quanti soldi ci sono ed il saldo al 31/12: chiunque abbia fatto un ISEE ne è consapevole.
Gli pignora direttamente lo stipendio. Per un quinto. O giù di lì: la sopravvivenza gliela garantisce. Per legge.
Pochi, maledetti e subito.
Subito magari no, dopo un po’: ma sicuro arrivano. Senza violare il segreto bancario, senza stare ad aspettare risposte da banche reticenti e lungaggini burocratiche.
Quindi chi resta?
Tolti i lavoratori dipendenti, a cui si può tranquillamente decurtare lo stipendio senza scomodare la Finanza ed il CEO di Intesa San Paolo o Unicredit, e tolti i vip che devono vagonate di milioni e quindi per quelle cifre lì ci si scomoda eccome, chi resta?
Resta il grande buco nero, il mare magnum dei liberi professionisti, dei piccoli e medi imprenditori, delle migliaia di partite IVA: quelli che assumono i dipendenti in nero perché i contributi costano, quelli che vengono a casa a ripararti il tubo o ti visitano in studio e “sono 150 euro con fattura, 100 senza”, quelli che “il POS oggi non mi funziona, non hai contanti? Ops, non mi funziona neanche il registratore di cassa”.
“Il popolo delle partite IVA” il quale tanto ha marciato sul negazionismo Covid, così caro ai nostri attuali governanti.
Quelli che dichiarano 15.000 euro annui di lordo come una commessa part-time del Conad. E poi hanno i profitti investiti anche in bitcoin (per diversificare), i conti correnti che esplodono di titoli, la casa di proprietà in città, al mare e pure in montagna.
Quelli che poi, a 70 anni, dopo che non hanno mai versato un centesimo di contributi, s’incatenano di fronte alle sedi dell’INPS gridando “ho lavorato una vita e mi danno una miseria di pensione. È uno scandalo”.
Quelli che…
Quelli che finora nessuno se li è mai filati di pezza: perché tanto c’erano i lavoratori dipendenti, con il loro stipendio sicuro, a cui attingere. E se proprio era il caso di smuovere le alte sfere, lo si faceva solo per Valentino Rossi che deve 35 milioni.
Quelli che questo Governo di centrodestra (chiamiamolo così) lo hanno votato: perché questo Governo di centrodestra è proprio a loro che ha lisciato il pelo in anni ed anni di opposizione e campagna elettorale eterna.
Ma adesso quel Governo ha i conti davanti e li deve far tornare: ed ha fatto il gioco delle tre campanelle.
Ed ha fregato i suoi stessi elettori.
I quali, “mi sia consentito dire”, se lo meritano.
Pagate, evasori.
Io gli sono andato in culo , mi sono trasferito alle canarie e in Italia ho solo mia madre.
Ma anche tra i lavoratori dipendenti c’è chi ha il secondo lavoro a nero, anche tra i dipendenti pubblici ci sono persone che col loro comportamento ogni anno creano un danno che è due volte e mezzo l’evasione fiscale, è il ragionare per categorie che rovina tutto.
Il tiro all’autonomo è sport praticatissimo e incentivato dal Governo, una volta individuato il nemico pubblico basta lasciar fare alle curve, alle pance, ed è fatta. Una istigazione al conflitto sociale fatta da istituzioni.
Non mi sembra una buona idea.
È stupefacente la determinazione di alcuni di volere a tutti i costi fare figure di palta dicendo sonore cazzate: glielo impedisci su Facebook ed insistono pure sul blog. Vabbè, se proprio insisti eccoti servito, fatti la tua figura di palta.
Vedi, o sei male informato, oppure sai benissimo come stanno le cose ma cerchi di rigirare la frittata per difendere l’indifendibile.
L’ammontare della cifra evasa dai lavoratori autonomi non è assolutamente paragonabile a quella evasa dai lavoratori dipendenti. Ma non perché i dipendenti siano più onesti: semplicemente perché gli autonomi hanno più possibilità, se vogliono, di evadere. Un dipendente, anche volendo, non può farlo.
I dati parlano chiaro: nel 2022 sono stati recuperati la bellezza di 20 miliardi sottratti al Fisco. Di questi 20 miliardi al primo posto c’era l’IRPEF, al secondo l’IVA ed al terzo i contributi non versati dai datori di lavoro per i dipendenti.
E non lo dico IO, che sono “komunista”. Lo dicono i dati ufficiali, del MINISTERO DELLE FINANZE, riportati persino anche dall’UNIONE INDUSTRIALI (https://www.un-industria.it/notizia/117620/evasione-fiscale-la-classifica-delle-regioni/?fbclid=IwAR07AXScE4bXrKbL0faduv6ps96inQjTkgSDowmXvL9LvpUaejC3ucTAXuk#:~:text=Sul%20podio%20delle%20regioni%20che,19%2C2%20euro%20ogni%20100): la quale non è certo la CGIL, la CISL e nemmeno la UIL.
Stando quindi così le cose, dimostrato con i NUMERI che, piaccia o meno, è fra gli autonomi che avviene il grosso dell’evasione, venire a dire che le istituzioni “istigano al conflitto sociale” ha il vago retrogusto di una minaccia in stile mafioso allo Stato: il quale, se ne deduce, non dovrebbe comunicarli, certi dati, non dovrebbe dire chi è che evade, nè andarsi a riprendere i suoi soldi (che, siccome sono tasse evase, sono soldi di TUTTI, che servono a TUTTI), se no gli evasori s’incazzano e gli bruciano i cassonetti.
Comunque stai sereno, la norma è stata stralciata: Giorgia e Matteo, dopo aver lisciato il pelo appunto agli evasori, per farsi eleggere (non era Giorgia che ha definito, da Capo del Governo, le tasse un “pizzo di Stato”?), non potevano certo permettersi di inimicarsi i loro maggiori elettori. Per cui nessuno metterà il naso nei conti correnti di certi autonomi furbetti che emettono sì e no due fatture l’anno: si continuerà a contare sui soliti dipendenti. Ai quali, si spera, i datori di lavoro avranno perlomeno la compiacenza di versare i contributi per la pensione.
PS si stava parlando di evasione fiscale, peraltro: aggiungerci i “danni creati dai dipendenti pubblici” non c’entra nulla, è solo un allungare il brodo di un commento populista che vuole palesemente mischiare le carte in tavola e negare l’evidenza.