Nell’Aprile del 2021 ero ormai diventata una cosiddetta “debunker” a tutti gli effetti: anche se la parola non mi è mai piaciuta, suona quasi come una qualifica professionale. Preferisco definirmi una persona curiosa ed appassionata di gialli da quattro soldi.

All’epoca mi occupavo in particolare di una folta schiera di “informatori liberi”, avvocati veri e falsi, medici in pensione, nonne coraggio e varia altra umanità: tutta gente spuntata sui social durante la pandemia, pronta a cavalcare il grande tema del “non ce n’è Coviddi“. Vuoi per interesse economico che politico.

E, siccome i miei articoli mettevano in luce aspetti spesso poco chiari della loro attività, mi ero guadagnata il loro odio incondizionato, nonché quello dei loro follower, che essi stessi mi aizzavano contro.

Ho parlato diffusamente di questo in due articoli in particolare, La pandemia delle fake news e dell’odio e Odiare ti costa.

Fra i molti (davvero tanti) personaggi di cui mi sono occupata c’era anche tale Max Massimi, al secolo Gino: e su Massimi non metto link perché se no si fa notte, c’è un motore di ricerca interno in cui basta digitare il suo nome per vedersi aprire un mondo fantastico di monetine appiccicate sulla fronte, finti parlamenti, finti avvocati e finti stati in Antartide.

Ed è proprio da Max Massimi che parte la mia vicenda giudiziaria…

Il blog Italiaveritas.

Agli inizi del 2021 Max Massimi, forte del successo che stava ottenendo su Facebook a botte di dirette compulsive e fake news, pensò bene di cercare di monetizzarlo traslocando su un sito esterno: in cui, per assistere ai suoi monologhi, bisognava pagare un abbonamento mensile o annuale.

Il sito si chiamava “Blog Italiaveritas“. Sito che oggi, casualmente, non esiste più.

Come si può vedere dallo screen tratto dal canale Telegram di Massimi, già al 10 giugno 2021 definiva Italia Veritas “la vecchia piattaforma”.

Già. Perché se all’inizio molti non riuscivano a capire come e dove pagare

dopo un po’ il problema divenne un altro: complici un sacco di disguidi tecnici, le dirette furono ben poche, fino a cessare del tutto. E però gli abbonamenti continuavano. E la gente chiedeva come disdirli.

Le ultime notizie che ho è che tutto sarebbe stato rimborsato. Ma da lì il sito poi si svampò ed onestamente non posso più fornire dettagli certi in merito.

Tutto materiale salvato nel famigerato archivio della Scalza, la quale non butta mai niente, tutto può sempre servire.

E quindi, giungendo a bomba, nell’aprile 2021, quando ancora il sito era aperto, e nessuno ancora protestava per gli abbonamenti a vuoto, mi appassionai alla faccenda e scrissi un articolo.

L’articolo fantasma.

Quell’articolo oggi non c’è più, nemmeno lui, e capirete poi perchè.

In quell’articolo rilevai che il sito “Blog Italiaveritas” pareva essere stato creato in origine dalla mente informatica di COEMM-COELL, e risultava gestito ed amministrato da una società, la Sovranit Srl: con sede in Viale Leonardo Da Vinci 29/A, Cesenatico.

Società la quale, ad oggi, risulta anche in liquidazione.

Ed a capo di quella società, nonché amministratore del sito stesso, risultava un tale Carmelo Rollo.

Carmelo Rollo era palesemente anche il gestore di un numero sconsiderato di pagine Facebook, tutte con una quota decisamente esigua di follower: tutte con l’indicazione “Movimento Sovranista Italiano“. Sigla MSI. Con tanto di logo il quale richiamava maldestramente la fiamma tricolore.

C’era anche un sito internet di questo “MSI”: anche quello, ad oggi, non esiste più.

Così mi appassionai a Carmelo e mi misi ad indagare.

E scoprii che nel 2017 si era candidato, senza successo, alle primarie di Fratelli d’Italia in quel di Cesenatico.

E non solo. Scoprii anche che, a quell’indirizzo dove aveva sede la Sovranit srl, oggi in liquidazione, aveva sede un’altra società: la YAC di Anna Christina Brighi.

E nemmeno è finita.

Mentre la signora Anna Christina Brighi, commercialista, risultava essere parte attiva della politica di Cesenatico nelle file di Fratelli d’Italia, con un tot di candidature alle spalle (qui quella risalente al 2022),

il sig.Rollo pareva avere un passato decisamente burrascoso.

Non ci volle molto per scovarlo, del resto: bastava non essere un’analfabeta funzionale e saper fare qualche ricerca su Google. Sugli archivi del Resto del Carlino, o Cesena Today, ad esempio.

E conoscere un po’ l’inglese per tradurre anche gli articoli di Times of Malta.

Concludevo perciò che Giorgia Meloni dovrebbe valutare con più attenzione chi ammette fra i suoi candidati.

Questo, scrissi nel mio articolo, nulla più: fatti incontrovertibili e documentati, senza grandi apprezzamenti di sorta. Come possono testimoniare le carte processuali depositate dagli stessi querelanti.

La lunga, tortuosa ed a tratti oscura vicenda giudiziaria.

Ad aprile 2021 pubblico quindi l’articolo, ed a maggio 2021 ricevo una mail di Registro.it, vale a dire il depositario dei miei dati personali in quanto amministratore di un sito.

Avevo infatti scelto di non renderli pubblici: ma la legge prevede che, qualora qualcuno ritenesse i contenuti del mio blog passibili di querela, ha diritto di chiederli. 

EDIT: deve però poi farla davvero, la querela. Non è che può chiederli facendo solo finta di volerla fare: se no poi passa i guai. 

La mail diceva che l’avv. Bertozzi, in nome e per conto di Carmelo Rollo, chiedeva le generalità del gestore del sito “L’Opinionista Scalza” per procedere a querela per “diffamazione, calunnia e lesione dell’onore”.

Un fracco de roba.

Dopo aver rilevato che Bertozzi era un principe del foro di Ravenna, nonchè candidato in Forza Italia

mi avvalsi della possibilità di oppormi, presentando ampia documentazione in merito. Vale a dire le mille ragioni le quali mi facevano ritenere che questa querela fosse pericolosa per la mia incolumità, visto:

  • le innumerevoli minacce che ricevevo da tutto il mondo no-vax per i miei articoli
  • gli innegabili legami del sig. Rollo con chi di quel mondo faceva parte, dato che gestiva un loro sito
  • i poco rassicuranti precedenti giudiziari del sig. Rollo, confermati dal suo stesso avvocato nella memoria poi successivamente depositata.

E Registro.it mi diede ragione: alla luce della documentazione presentata si rifiutava di comunicare i miei dati. Che Bertozzi, Rollo e Brighi si rivolgessero ad un giudice, se proprio ci tenevano a sapere chi io fossi per querelarmi.

Cosa che fecero.

D’altronde ormai erano in ballo.

Fecero dopo che fallì una trattativa fra Bertozzi ed il mio avvocato-amico, Paolo Tutto Troppo, in cui chiedevo, a fronte di un risarcimento da parte mia, minimo, giusto per farla finita (la sola parcella dell’avvocato), la garanzia che non venisse divulgato il mio nome a chi mi voleva morta.

Rispondevano che non si poteva promettere nulla in merito.

Perché loro, a loro volta, volevano la garanzia che nessuno mai più avrebbe parlato sul web di Rollo: come se io potessi agire sul Resto del Carlino, Times of Malta e via andare, impedendo a tutto il mondo di scovare ciò che avevo scovato su Rollo.

E quindi via: querela presentata. Così nessuno deve promettere nulla a nessuno.

Mia testimonianza alla Polizia Postale che ad una certa mi chiama, bla bla.

L’archiviazione di una querela: i trabocchetti della legge.

La querela del buon Bertozzi ed i suoi clienti, tuttavia, era stata archiviata. Il PM che aveva esaminato il caso aveva deciso che non era il caso di intasare il sistema con un processo contro una che non aveva fatto una cippa. 

Ed io avrei anche potuto non saperne nulla.

Se uno ti querela, infatti, ma poi il PM decide che non è il caso di andare avanti, può serenamente finire così: cosa fatta capo ha. Sto processo non s’ha da fare, avanti un altro. Nessuna udienza, nulla di nulla.

Però il querelante, se proprio è tignoso e vuole insistere, od ha nuovi elementi, può opporsi all’archiviazione.

Ed a quel punto sì che lo vieni a sapere, ed un’udienza si fa. Ti devi trovare un avvocato il quale vada all’udienza di conferma dell’archiviazione.

Ma intanto l’avvocato te lo devi pagare.

A volte è davvero perchè, nel frattempo, sono emersi degli “elementi in più”.

Ma a volte è praticamente come dire “porco cane, archiviata! Così non solo non mi rifondi, ma non ci rimetti neanche una lira eh! Ed io mi oppongo all’archiviazione, tiè! Almeno sta soddisfazione”.

Con in mezzo pure i messaggi su Messenger delle “amiche” del querelante, le quali, innervosite dal mio rifiutarmi d’intessere una collaborazione con loro, mi rispondevano stizzite.

O i “consigli degli “amici” a “limitare la mia attività”: amici convinti che il mio accanimento contro Gino Massimi fosse la semplice vendetta di una donnicciola sedotta e abbandonata dal tombeur de femmes di Piazza Navona.

Il quale forse sarebbe nientemeno che il padre di mia figlia (mò glielo dico, al padre), deducevano questi “amici”. Se no non si spiegava.

Consigli da seguire, diversamente mia figlia ed io magari avremmo avuto da pentircene.

Gran finale.

Confermata l’archiviazione della querela. 

Il 2 ottobre 2023.

Mi sono affidata ad un “semplice e banale” (così ritiene il popolino gli avvocati d’ufficio) avvocato d’ufficio, l’avv. Guido Pirazzoli, il quale si è rivelato una manna dal cielo: mai sentito nominare prima, si è studiato il caso ben bene, ci ha messo la passione, e mi ha elargito una parcella di tutto rispetto, in virtù del mio essere animata, a mia volta, da vera passione. 

Mi scuso con lui per non essermi presentata all’udienza, come invece ha fatto il sig. Rollo, forse speranzoso di vedermi in faccia affranta e preoccupata: ma avevo da lavorare, quel giorno. Bastava l’avvocato cazzuto.

 

In finale, i miei ossequi alla sig.ra Yolanda Christina Brighi. Io ci ho provato a dialogare con lei. E, come si può facilmente evincere dal mio articolo, depositato in Tribunale dal suo avvocato, non avevo la più pallida idea dei rapporti che la legano al sig. Rollo, quando lo scrissi.

Nessuna intenzione, né possibilità, di ledere al suo onore. Se n’è accorto anche il PM.

Però a tutt’oggi mi chiedo se lei fosse a conoscenza del suo passato e non avesse piacere venisse divulgato, oppure sia cascata dal pero: e, invece che prendersela con se stessa, abbia tentato di prendersela con me.

E mi chiedo come si faccia, da donna, ad accompagnarsi serenamente ad un uomo che si è macchiato di un tale reato. Per quanto ognuno abbia sempre diritto alla riabilitazione ed all’oblio.

Chiudo con il link della raccolta fondi che ho aperto per pagare Pirazzoli: che ho già pagato.

Ma per principio mi piacerebbe che lo pagassimo in tanti.

Questo il link per la raccolta fondi: https://gofund.me/d5b0180c

L’ho fatta di 1.500 per coprire la percentuale di Gofundme (2.9% su ogni donazione, più 0.25 cent per pagamento con carta. Per starci dentro, insomma): a 1350 mi posso anche fermare. Ma se riuscissi a far saltare fuori anche i 140 euro annuali che pago a Keliweb per lo spazio web del sito non sarebbe male.

Grazie a tutti.

PS no, non posso procedere a querela a mia volta: il procedimento è stato ARCHIVIATO. Se si fosse aperto un processo, dal quale fossi uscita assolta, allora sì, avrei potuto.

Ma siccome il PM ha stabilito che era una querela che non stava in piedi non l’ha fatto manco partire, il processo. E quindi io, però, l’avvocato lo devo pagare. Che suona un po’ come una piccola vendetta, un dispettuccio, da parte di chi sapeva che tanto non si sarebbe andati avanti.

Infine, ulteriori ringraziamenti vanno agli avvocati Fiammetta Pezzati ed Antonio Scambia, i quali mi hanno consigliata e sostenuta gratuitamente durante questa vicenda, esattamente come Andrea Lazzarone alias Paolo Tutto Troppo.

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L'opinionista scalza

Scrivo perchè telefonare è troppo faticoso.

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