Avevo una professoressa d’italiano, alle medie.
Era ultrapiemontese ed ultracristiana e la padrona effettiva della scuola. Le gite le decideva lei.
Così in prima andammo al Santuario di Oropa, in seconda a Castelnuovo Don Bosco (a visitare la casa natale del don e scoprire una copia del Cenacolo nella chiesetta attigua), ed in terza a Genova, a vedere lo scoglio di Quarto (che io a chiedermi come erano riusciti a starci tutti quanti in 1000, su quella pietruzza, sicuro non me la contavano giusta nei libri, esageravano). Chiese su chiese, questo ricordo di quelle gite.
L’ultracristiana prof di lettere ci faceva una capa tanta sulla Costituzione (perché compito suo era pure l’educazione civica), e la Resistenza. Mussolini non glielo nominare neppure che diventava verde ed iniziava a sputare bile.
A me a naso non pareva tanto giusto. Era evidente che era la sua opinione, e lei ce la stava imponendo, senza neanche tante spiegazioni: a noi, 12enni che non sapevamo e non potevamo fare confronti. Se osavamo proferire un “ma ho letto delle paludi… Della disoccupazione in calo…” lei storceva la bocca disgustata, si limitava a questo: che tu capivi così che stavi dicendo una cazzata. Ma il perché non era affatto chiaro: non era affatto chiaro se quella fosse semplicemente la sua idea, che in fondo lei chi era, perché la sua opinione potesse essere considerata verità indiscutibile?
Poi io sono cresciuta, ho studiato, ho letto. Nonostante le chiese sono diventata atea. Però pure antifascista.
Ed ho provato tenerezza e gratitudine per quella professoressa: per l’imprinting tenace che mi ha inculcato, nascondendomi le visioni avverse per paura, pure terrore, che io, i miei compagni, noi nuova generazione, ci potessimo cascare. Forse persino confidando nel suo Dio lo faceva.
Ad oggi mi chiedo se il suo metodo fosse davvero quello migliore, visto come la gente della mia stessa età sta votando. Visto come insulta la Segre o minimizza la portata di quegli insulti.
E cmq mi piacerebbe sapere che ne esistono ancora, di professoresse così coraggiose e testarde, nelle scuole in cui mando mia figlia.