Ho appena finito di vedere una puntata di “Amore criminale”.
Partito bene, pubblicità al 1522 del Telefono Rosa che risponde h24 e subito trova una collocazione a chi cerca aiuto bla bla, benissimo. Poi la storia…
Riassunto: lei, Federica, si sposa con sto Luigi. Che pochi giorni prima del matrimonio si fa trovare in casa (vivevano già insieme) a bere uno shottino con una che è “solo un’amica”. E vabbè. Che la notte prima delle nozze c’ha i ripensamenti e le dice che le vuole tanto bene ma non pensa sia la donna della sua vita: ma lei lo “calma” e convolano a giuste nozze.
E fin qui ci siamo, quelli di Rai3 paiono capire che tutto rientra nel copione della donna manipolata che crede suo malgrado all’amore. Continuano coerenti a parere capire quando raccontano che lei, ad un certo punto, dopo che è nato il figlio (di cui lui non si occupa minimamente), scopre che lui aveva una doppia, tripla, quadrupla vita: una denuncia per molestie, l’ufficiale giudiziario a casa per debiti, messaggi sul telefono di trans e centri massaggi e chi più ne ha più ne metta, pure il filmino con una delle poveracce barra escort che incontra sul furgone del lavoro (per ottimizzare i tempi, si suppone). In virtù di ciò ovviamente lei chiede la separazione (vivaddio).
E qui si consuma la tragedia (se no non ci stava la trasmissione, giusto?): lui ammazza prima lei nella casa coniugale, indi prende il figlio di 4 anni, lo porta nella casa di campagna e lo omaggia di un colpo di pistola, per poi (finalmente) spararsi un colpo pure lui. (N.B. Non metto i nomi per evitare il più possibile che i parenti capitino su questa pagina).
A storia consumata, e programma da chiudere, che dicono la Pivetti e l’autrice del programma, nella chiosa strappalacrime finale? Che è la tragica storia di un uomo “immaturo” ed “irresponsabile” che voleva tutto: la stabilità ed il divertimento, la famiglia ed il corteggiamento continuo. Un uomo che non ha sopportato il “dolore” di perdere il figlio che comunque la donna non voleva togliergli.
Ora, ragazze mie, vediamo di capirci… io il beneficio del dubbio che voi abbiate capito benissimo ve lo concedo: però, come diceva il buon Nanni, “le parole sono importanti”. Specie se si fa un programma che vuole essere di divulgazione ed informazione forte. Di “immaturi” ed “irresponsabili” è pieno il mondo, hai voglia: ma non è che vanno tutti in giro con il pugnale ad ammazzare la gente e, tanto per star sicuri, mettergli pure un cuscino sulla faccia dopo. Sicuro c’è una componente d’immaturità, ma è un filo riduttivo chiamarla così: è proprio un ritardo mentale. Un problema. Un problemone.
Così come (e qui mi sono girate) perdonate ma non è il “dolore” per la possibile perdita del figlio, che l’ha portato ad ucciderlo. Cioè, io capisco i tempi televisivi, ma spendeteci due parole di più, su sto aspetto: se no passa che un uomo che soffre perché teme di non vedere il figlio potrebbe sparargli un colpo di P38 alla tempia. Mazza che amore. Quello non si chiama “dolore”: è rabbia e panico di uno che scambia il possesso con l’amore. È orgoglio ferito. Di uno che si vede scoperto. Irrimediabilmente sputtanato. Muoia Sansone con tutti i Filistei. Di una personalità abusante. Sembra, dolore. Ma non ha diritto di chiamarsi davvero tale.
E qui giungiamo a bomba… Basaglia voi non l’avete capito, l’avete frainteso: lui non è che diceva che tutti sono recuperabili. Lui s’era rotto le palle di vedere chiusa fra quattro mura ammuffite gente che comunque poteva avere ancora una vita sociale più o meno normale, se opportunamente aiutata e stimolata. Rotto le palle di vederli morire abbandonati a se stessi solo perché non si sapeva come prenderli (e non gliene fregava niente a nessuno, diciamocelo: na roba disumana). Per non parlare di quelli/e che venivano chiusi in quelle stesse quattro mura solo perché non andavano in Chiesa la domenica mattina.
Ma se uno ci piglia gusto a vessare, umiliare, mentire, le peggio cose proprio, trae giovamento da questo, fino al punto di uccidere… oh, fatevene na ragione: quello ha un problema. E grosso. NON È NORMALE. NON PUÒ stare nel normale consesso sociale. È pericoloso. Per tutti. Va rinchiuso. In manicomio, in galera, dove vi pare. E lì gli farete tutte le terapie che vi pare (l’analisi, gli psicofarmaci, la biodanza, il teatro, quello che vi pare): ma non lo fate più uscire. Uno che ammazza moglie e figlio non lo fa per “dolore”: è fuori di coccia. E tocca accettare che ci sono, quelli fuori di coccia, e non li possiamo “curare”: sono così. Succede.
Se poi questo, un sano realismo, che non è giustizialismo, venisse applicato in generale a tutti quelli che non giungono ad uccidere ma poco ci manca, sarebbe anche meglio.